Cos’è l’ipnosi? Nulla di magico o soprannaturale.
Possiamo definire ipnosi una intensa focalizzazione dell’attenzione verso qualcosa. Si tratta di un fenomeno psicosomatico indotto attraverso la suggestione da parte di un operatore o direttamente dal soggetto stesso (autoipnosi).
E’ possibile sperimentare uno stato mentale simile all’ipnosi in molti momenti della giornata, quando leggiamo ad esempio, oppure mentre guardiamo la televisione o tutte le volte che siamo assorti in qualche attività che cattura interamente il nostro interesse. Si può definire ipnosi anche quell’esperienza che sperimenta uno sportivo durante una gara, avrete sicuramente sentito parlare di “trance agonistica”. In tali condizioni ci capita di non accorgerci di ciò che accade intorno, non riusciamo nemmeno a sentire una voce che ci chiama.
Questi esempi rappresentano un tipo di ipnosi che possiamo definire “ordinaria”, non molto diversa dall’ipnosi clinica durante la quale, invece, la nostra attenzione è rivolta verso l’interno. Essere profondamente concentrati sul nostro corpo, o su un pensiero specifico, ci permette di tagliare i collegamenti con l’esterno fino al punto di non sentire più i rumori provenienti dall’ambiente circostante. Lo stato ipnotico è stato spesso definito una condizione alterata della coscienza, una definizione che personalmente non approvo, preferisco definirlo uno stato “differente” di consapevolezza.
Quando l’ipnosi funziona bene il soggetto si ritrova in una condizione che può essere assimilata a quella del dormiveglia in cui i processi della mente razionale sono sensibilmente ridotti rispetto allo stato di vigilanza. In ogni caso i soggetti sotto ipnosi riferiscono sempre un piacevole stato di pace e quiescenza.
La riduzione dei processi razionali rappresenta la condizione che consente lo sviluppo di una relazione “arcaica” tra operatore e soggetto.
Arcaica perché comprende processi che appartengono alle strutture più primitive della mente umana e non sono sotto il completo controllo della razionalità; si tratta di una condizione che permette all’operatore di costruire un rapporto che rievoca le forme più precoci di legame affettivo. Questo era il segreto di Milton Erikson, forse il più grande ipnotista mai esistito. Quando si osservano le sedute ipnotiche di Erikson si nota come egli adottava le stesse posture dei soggetti, oltre allo stesso modo di parlare, la stessa cadenza e coordinazione con il respiro, allo scopo di sviluppare una identificazione narcisistica con lui. Le sue tecniche ipnotiche sono ancora oggi insegnate in mote scuole di ipnosi. Presso una di queste ho avuto la possibilità di perfezionare la mia formazione.
L’ipnosi è stata studiata anche da un punto di vista neurobiologico. Ad esempio è stato osservato che l’aumento delle onde theta è associato sia alla condizione ipnotica sia all’ipnotizzabilità, di conseguenza alcuni soggetti che normalmente hanno maggiori frequenze theta durante la veglia, sono più suscettibili all’ipnosi.
Al di là degli aspetti tecnici dell’ipnosi e delle caratteristiche neurobiologiche che vanno oltre gli obiettivi di questo sito, ciò che è importante sapere è che in stato di trance ipnotica è possibile utilizzare abilità alle quale è comunemente difficile accedere quando si è invece in stato di veglia. Ad esempio la capacità di ridurre il dolore (analgesia), l’acquisizione di nuove abitudini o la riduzione dei comportamenti patologici, ma soprattutto permette di avere accesso a ricordi rimossi (ipermnesia). E’ su quest’ultimo aspetto che lavora l’ipnosi regressiva.
La regressione è una pratica comune nella psicoterapia ipnotica.
Senza scendere troppo nei dettagli, essa consiste nell’esplorare ricordi, a volte rimossi, di eventi traumatici del passato anche della prima infanzia.
Alcuni decenni fa psicologi e psichiatri si sono spinti oltre inducendo i loro pazienti a rievocare ricordi relativi ai primi giorni di vita o addirittura alla vita intrauterina, fino a scoprire la possibilità di ricordare eventi di una vita diversa da quella attuale, forse una vita precedente. Da allora l’ipnosi regressiva ( avallata da ricerche scientifiche che hanno esaminato prove storiche e cliniche provenienti da esperienze di professionisti in tutto il mondo) è diventa ina pratica comune, soprattutto per i benefici terapeutici che essa comporta.
Ma cosa accade realmente durante l’ipnosi regressiva? Si esplora realmente una vita passata? Esiste la reincarnazione? E’ questo un argomento spinoso.
I soggetti che si sottopongono ad ipnosi regressiva prenatale riportano spesso dettagli dei luoghi in cui dicono di aver vissuto, riferiscono nomi, date, eventi, che in qualche modo possono essere verificati. Negli ultimi cinquant’anni molti professionisti hanno raccolto dati e fatto verifiche storiche. Tra questi amo ricordare Helen Wambac autrice di quella che mio avviso è stata la più completa ricerca sul fenomeno. Come ho già accennato nel mio libro Al di là del conosciuto, durante l’ipnosi si possono attivare processi onirici che potrebbero spiegare in parte i ricordi che emergono durante l’ipnosi. Come fare allora a comprendere se si è solo sognato, o immaginato, oppure si è trattato di veri ricordi di una vita precedente?
Le esperienze vissute durante l’ipnosi regressiva a volte non sono sufficientemente ricche di dettagli utilizzabili per una ricerca storica che possa confermare quanto è emerso dai ricordi, altre volte invece anche se i dettagli sono molto precisi si tratta però di racconti di vite, per così dire, “normali” per cui diventa difficile trovarne traccia attraverso una ricerca, anche quando si è in possesso di dettagli come dell’anno, nome o il luogo in cui si è vissuto.
L’ esperienza mi ha insegnato a riconoscere quali sono gli indicatori che permettono di definire se un ricordo sia frutto di attività onirica, fantasia o sia realmente un ricordo relativo ad un’altra esistenza.
In primo luogo con la pratica si impara a distinguere quando le immagini visualizzate nella mente sono il prodotto della fantasia o meno. Le storie che si possono immaginare sono generalmente costruite dalla nostra mente, quelle che invece si vivono sotto ipnosi compaiono dal nulla senza alcuno sforzo. Si tratta a volte di una distinzione molto sottile, ma con la pratica si impara a discernere. Inoltre il materiale onirico è spesso confuso e contraddittorio, i ricordi di altre vite sono invece lineari e coerenti.
Ma uno degli aspetti che ritengo maggiormente interessante dell’ipnosi regressiva riguarda il fatto che gli individui vivono l’esperienza sperimentando un potente sentimento di amore incondizionato associato a tanta saggezza. E’ in questo modo che personalmente ho imparato a distinguere una reale esperienza di vita precedente rispetto ad un falso ricordo.
L’ipnosi regressiva conduce spesso verso il risveglio spirituale, porta gioia e serenità nella propria vita: il beneficio terapeutico che se ne ricava va spesso oltre ogni aspettativa. L’esperienza regressiva può trasformare le relazioni e gli stati d’animo migliorando la salute fisica e mentale attraverso un processo di conoscenza, comprensione e consapevolezza della nostra vera natura e del vero scopo della vita. Sembra che l’ipnosi regressiva ci permetta di accedere ad una fonte superiore di conoscenza da cui deriva la saggezza che gli individui sperimentano durante l’ipnosi.
Ho personalmente assistito a cambiamenti radicali da parte di pazienti che ancora oggi mi scrivono per ringraziarmi di quanto ho fatto per loro.
L’unico ostacolo ad una intensa esperienza di ipnosi regressiva ad altra vita è dovuta ad una ridotta capacità di lasciarsi andare. Posso testimoniare, a dispetto di molti ipnotisti che affermano di essere in grado di ipnotizzare chiunque, che purtroppo l’ipnosi non ha la stessa efficacia su tutti. Spesso è necessario utilizzare varie tecniche, ma non sempre è possibile raggiungere un livello di rilassamento che permetta l’accesso ai ricordi. Di contro la pratica può aiutare efficacemente così come avviene per la meditazione.